Stralci di un lungo dibattito di qualche anno fa in una discussione nel blog di Odifreddi su Repubblica, a cui ho partecipato per un po’.

di Massimo Franceschini

M. Franceschini
Bellissimo dibattito e molto colto, sull’arte e la musica, complimenti.

È ovvio che qualsiasi branca del sapere umano, se appropriata, ci può dare un punto di vista umanistico o scientifico su, praticamente, qualsiasi argomento, quindi non è improprio il richiamo alla matematica fatto dal prof. Odifreddi.

Chi contesta ciò adducendo argomenti “emotivi”, forse non si rende conto che alla base di una passione artistica, scientifica, razionale o metafisica che sia, c’è sempre una profonda emozione.

La ricerca, l’indagine ecc. partono da emozioni!

Che poi abbiano esiti “razionali” o meno, si dispieghino nella scienza o nella poesia… sempre di emozione stiamo parlando!

Alla base dell’esigenza di capire c’è un’emozione, lo scienziato, il poeta, il musicista, il filosofo, sono esseri umani con passioni ed emozioni!

Quindi mi vanno bene tutti gli accenti sull’emozione nell’arte… finchè non impediscono un discorso di approfondimento analitico, da qualsiasi parte e con qualsiasi mezzo venga fatto.

Ciò per dire che su questo lato dell’argomento sono molto vicino all’approccio del “nelumbo_03”.

Anche le sue analisi tecniche mi sembrano, per quanto mi è dato comprendere, razionali e centrate.

Altra cosa è il discorso sulla definizione di arte.

Ho riletto da poco tutte le definizioni che ho potuto trovare, interessante la differenziazione che non ricordavo fatta dallo Zingarelli tra arti illiberali, meccaniche, e liberali, più intellettuali.

Giusto è dire che il concetto di arte va a braccetto con l’originalità, dato che l’arte è il prodotto di un essere che la pensa e la realizza.

I problemi però nascono nel momento in cui la creazione di questa persona entra in contatto con un altro punto di vista che la percepisce, la valuta, la commenta ecc.

Quindi, se il punto di vista altro non fosse importante, non staremmo neanche a disquisire.

Non ci sarebbe neanche il bisogno di inventare regole o metodi di analisi: un essere crea una cosa perché ne sente l’esigenza – le motivazioni possono essere le più svariate  – che apparentemente non serve a niente, qualcuno la osserva… e via dicendo, con tutto ciò che ne può seguire!

L’esigenza di parlarne, di definirla, di differenziarla, di pesarla e farne delle graduatorie ecc., nasce proprio perché l’arte, per sua natura, crea un effetto in un altro punto di vista.

Da ciò se ne può dedurre che il momento in cui si riceve e il terminale che la riceve – percependola  – sono fondamentali non tanto nella creazione, quanto nella considerazione che da li in poi si avrà di essa.

Ciò che a me interessa sottolineare, invece, è lo stato catatonico della nostra cultura occidentale, arte compresa… soprattutto la musica è messa male ragazzi!

A me interessa, mi appassiona e mi emoziona qualsiasi input culturale, emotivo e analitico che, secondo me, favorisca la cultura, la libertà, la comprensione, la consapevolezza, l’elevazione mentale e spirituale dell’individuo e della società.

Ad un estremo avremo una società piatta formata da automi non creativi, che si ritrovano solo in riti di massa con slogan rozzi e ipnotizzanti.

L’altro estremo sarebbe una società di esseri liberi, sia creativi che ricettivi, colti, ma ancora liberi di gioire della vita dell’amore e dell’arte, della performance del momento, dello studio e della riflessione approfondita.

Tutte le idee e filosofie che tendono a spingere verso questo tipo di società ideale sono per me positive, funzionali e auspicabili.

Tutte le teorie che, anche se in nome dell’ARTE e dell’originalità, tendono a mettere un cappello di autorità definitiva su cosa sia o meno arte, sono aberranti, ingiuste e soprattutto non funzionali.

Questo perché l’autorità si sostituirebbe definitivamente a uno dei due punti della linea di comunicazione, cioè al ricevente.

In una società libera, onesta e colta sapremmo discernere, il divertimento, l’originalità, l’intrattenimento, la cosa più leggera che non scanseremo per forza, la cosa più impegnata, che anzi cercheremo più spesso perché ci stimola, ci fa riflettere, sognare e magari ci spinge a creare… non sto propugnando una totale anarchia, è ovvio, e le definizioni di arte mi sostengono perché si parla di disciplina, di lavoro, di mezzi tecnici, di studio, talento, approfondimento ecc. ecc., chi lo nega?

Come non credo si possa negare che i grandi artisti siano per forza di cose originali.

Spero che nessun insegnante abbia mai detto: “Cari studenti, da quando inizierete ad emettere la prima nota sarete degli artisti!”.

Sicuramente però, potrebbe dire: “Cari ragazzi, state entrando nel campo dell’arte, potrete diventare discreti artigiani, discreti esecutori o grandi autori e artisti. Ciò dipenderà dal vostro impegno, dal vostro talento… o da quanto vostro padre sarà in grado di pagare i critici…”.

Il mio spregio era per “Tutte le teorie che, anche se in nome dell’ARTE e dell’originalità, tendono a mettere un cappello di autorità definitiva su cosa sia o meno arte…”, e ho anche cercato di argomentarne il perché.

Le definizioni di arte e il fenomeni relativi all’arte hanno troppe variabili psico-socio-culturali, tecniche, fattuali e rappresentative, per essere ridotti in una definizione.

Altra cosa è se volessimo creare un metodo per misurare “scientificamente”, se possibile, quanta originalità sia presente in un’opera d’arte.

Il problema nella società attuale sta nel fatto che, oltre a quelli da te elencati, abbiamo un rapporto con l’arte mediato dai media.

Un tempo chi si avvicinava all’arte aveva un limitato numero di pareri a cui far riferimento e con cui confrontare e maturare le sue opinioni.

Alla fine era forse più semplice riconoscere, nel ristretto circolo sociale di cui si faceva parte, quali erano le autorità più competenti cui far riferimento, anche se sappiamo benissimo che spesso i grandi artisti erano troppo avanti per il sentire comune e non venivano riconosciuti immediatamente, neanche dagli esperti.

Oggi abbiamo i giornalisti al soldo delle varie industrie, a cui spesso gli artisti si genuflettono silenziosamente…

La prima responsabilità è sempre dell’artista, è lui che deve assumersi la responsabilità di essere artisticamente se stesso, se può.

Poi viene la responsabilità del giornalista o divulgatore, nell’essere sufficientemente al dentro ed esperto per parlare o recensire un’opera d’arte.

Dato che esiste la libertà di opinione e che dovremmo vivere in una società liberale, non c’è nessuna garanzia che le cose si aggiustino, men che meno con forzature autoritarie dall’alto.

Sta solo a noi, cioè a quelli sensibili a queste tematiche, spingere l’arte verso più alti traguardi espressivi di libertà.

Lungi da me affermare che una migliore definizione di qualsiasi cosa porti una regressione.

Non ho neanche difficoltà ad ammettere l’esistenza di autorità nei vari campi della cultura, ci mancherebbe.

Riassumiamo.

Questa la definizione del “nelumbo_03”:
Arte è la facoltà di scelta di qualcuno che, definendo i rapporti dei vari elementi di una disciplina estetica (suoni, parole, colori, ecc.), sintetizzi un ente che abbia dei caratteri di originalità”.

Questa una delle osservazioni di “l. mauretti”:
“… in definitiva non dico che sia impossibile dare una definizione di arte ma che vivendo l’arte di tanti rapporti interpersonali creatore/fruitore sia molto difficile fare una reductio ad unum che possa valere una volta per tutte per tutti… ammetto però che la tua definizione sia, ad esempio, valida per me…”.

Questo ciò che dice lo Zingarelli (di qualche anno fa), definizione 2:
L’attività, individuale o collettiva, da cui nascono prodotti culturali o comportamenti e sim., che sono oggetto di giudizi estetici, reazioni di gusto e sim., e il risultato di questa attività”.

Questa una mia frase: “Tutte le teorie che, anche se in nome dell’ARTE e dell’originalità, tendono a mettere un cappello di autorità definitiva su cosa sia o meno arte, sono aberranti, ingiuste e soprattutto non funzionali. Questo perché l’autorità si sostituirebbe definitivamente a uno dei due punti della linea di comunicazione, cioè al ricevente”.

Non ho problemi nel “mettere”, ne stiamo piacevolmente, e spero proficuamente per tutti discutendo, non ho problemi nel riconoscere un’“autorità” se manifesta, ovviamente.

E’ l’insieme “mettere-autorità-definitiva”, il problema che sollevo.

Le definizioni servono a descrivere oggetti e fenomeni, da tutte le angolazioni e da tutti i punti di vista.

Nella definizione del “nelumbo_03” manca totalmente il ricevente l’arte, o presunta tale, manca totalmente la considerazione dei giudizi e le razioni di cui parla il dizionario.

Se la adottassimo dovremmo modificare tutte le altre definizioni, toglierle dal dizionario… o che so io.

Alla fine mi sembra più pratico ma anche più giusto logicamente e linguisticamente distinguere e differenziare con l’aggiunta di aggettivi.

Per far progredire l’arte in tutte le sue manifestazioni e tutti i soggetti (artisti, fruitori, insegnanti, critici e giornalisti) coinvolti, si potrebbe mettere a punto e proporre un metodo oggettivo per stabilire, senza tema di smentita, i caratteri di originalità presenti in un’opera di cui parla il “nelumbo_03”.

Credo si avrebbero resistenze di vario tipo… ma si può provare, perché no?

Forse questo input culturale provocherebbe una crescita degli artisti e quindi, prima o poi, dei fruitori.

In ogni caso, secondo me le altre definizioni devono rimanere.

Prendiamo in considerazione un ragazzino che fantastica, si estasia e si emoziona con l’ultima canzonetta pop: analiticamente il fenomeno è identico a quello del colto che ascolta e riesce ad apprezzare l’ultima originalissima composizione di un grande artista.

Stesso fenomeno, stessa definizione, tutto qua.

Quindi, innestiamo più analisi, più cultura, più consapevolezza nella società, i frutti prima o poi si vedranno.

l.mauretti
Condivido in pieno. La tua visione e i tuoi riferimenti mi parlano di una concezione totale del creato, delle creazioni e dei vari creatori. Riportano al rapporto basico di causa-effetto. La concezione del nelumbo_03 è sicuramente utilissima a livello didattico e analitico per il suo carattere di originalità e per l’originalità dell’arte stessa.

M. Franceschini
I miei accenti vanno a sottolineare la linea invisibile, ma a volte assordante, fra la creazione e le reazioni che essa suscita, indipendentemente dalla volontà del creatore.

Come per tutte le cose umane e spirituali abbiamo una scala di valori che hanno vette di “pura qualità” (spiritualità, creazione, causa, responsabilità, libertà, consapevolezza, sopravvivenza, arte, estetica, scienza, pensiero, matematica) e “abissi” desolatamente “quantitativi” (materialismo, ipnosi, fissità, incoscienza, shock, schiavitù, ignoranza, irresponsabilità, egoismo, privazione, ossessione) ecc.

La vera arte è in grado di sublimare creativamente la linea invisibile fra la causa e il ricevente, a qualsiasi livello essi operino.

fonte immagine: Megghy.com

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