IL BUCO NERO DELLE NEUROSCIENZE

Deduzioni forse troppo astratte per i nuovi “guru” delle neuroscienze

di Massimo Franceschini

Un articolo sul cervello nel Corriere del 5 maggio ci informa che: le evidenze tratte dai nuovi metodi di indagine cerebrali sfaterebbero i vecchi miti (anche loro “scientifici” all’epoca…) sulle differenze fra questo organo negli uomini e nelle donne.

Per farla breve, sembra che ci siano più differenze funzionali fra un matematico e un violinista, che fra un uomo e una donna.

Queste conclusioni accomunano sia i neurobiologi dell’Istituto Pasteur di Parigi, che i ricercatori del Centro di Neurolinguistica e Sintassi Teoretica di Pavia.

Sembrerebbe una forzatura anche la conclusione risalente agli anni ’80 (sempre “scientifica”…), sul fatto che la donna sia più multitasking dell’uomo.

Ciò era stato dedotto dal fatto che la donna pare abbia il corpo calloso (un fascio nervoso che collega le due parti del cervello), più spesso dell’uomo.

Sembra addirittura che le ricerche degli ultimi vent’anni dimostrino come le performance spaziali e verbali sono sempre più simili fra uomo e donna, di pari passo con l’integrazione di quest’ultima nella vita sociale e professionale.

L’articolo racconta queste “conquiste” della ricerca come l’occasione per sfatare vecchi pregiudizi maschilisti sulle abilità mentali delle donne, ma ci informa che la “contesa” non è certo finita: sembra che ora siano in voga le ricerche sulle influenze ormonali nel cervello, che paiono giustificare il luogo comune sull’uomo continuamente interessato a pensieri sessuali e le volubilità cicliche della donna.

L’articolo in questione apre con il titolone sul Cervello neutrale, e termina con l’osservare che dobbiamo chiederci quale valore dare a questi dati, ricordando la vecchia storia del cervello femminile più leggero – poi si scoprì che aveva lo stesso numero di cellule, solo più compresse – e sul peso del cervello di Einstein, più leggero della media maschile.

Io andrei oltre e citerei i casi rari ma clamorosi di idrocefalia, in cui persone con un cervello piccolissimo e il cranio pieno di liquido conducono una vita praticamente normale.

Altre ricerche, osservazioni ed esperimenti sembrano aver assodato che la plasticità cerebrale non sia solo una caratteristica della giovane età, pare che la ricerca di nuova conoscenza possa mettere in moto la produzione di neurotrasmettitori ad azione stimolante come la dopamina.

Una prova di ciò potrebbe essere l’esperimento che lo psicologo cognitivista Gary Marcus ha condotto con successo su se stesso e raccontato in un libro.

Si è messo in testa di suonare la chitarra a quaranta anni, anche se in giovane età era stato giudicato affetto da aritmia musicale congenita… “amo” questo profumo di “scienza” sparso così a piene mani…

Tornando seri, da tutto ciò estrapolerei un unico dato certo: la vita ha la funzione di plasmare la struttura.

Nel fare ciò può agire abbastanza velocemente, come nell’esempio fatto dell’integrazione femminile nel mondo del lavoro o ancora più velocemente come nel caso dell’effetto placebo (prendo una cosa che credo essere medicina ma non è e guarisco) o lentamente come nella selezione naturale, altra capacità che ha la vita di plasmare i corpi biologici.

La vita sembra essere in grado di determinare la struttura.

Purtroppo per i neuroscienziati la vita è un ente troppo astratto e fuggevole ai loro schemi interpretativi, li abbasserebbe a livello dei filosofi… e poi come giustificare gli psicofarmaci?

2 giugno 2012

in immagine un mio libro per approfondire

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