L’ANIMA E L’ILLUSIONE NEURO-MATERIALISTA

Protervia materialista spacciata per scienza

di Massimo Franceschini

Leggo sul Corriere della Sera del 6 settembre 2012, la presentazione del nuovo libro Quel che resta dell’anima, del genetista e professore Edoardo Boncinelli.

L’articolo, ad opera della professoressa Chiara Lalli si intitola: L’anima? È solo un’illusione.

In esso troviamo varie affermazioni che sono paradigma ed esempio di alcuni fondamentali problemi riguardanti la cultura moderna, di cui la società odierna è fedele e triste specchio.

Andiamo con ordine. Boncinelli perora la causa della scienza a modo suo: Ma è noto che l’uomo non ama conoscere la verità, soprattutto se lo riguarda da vicino, e preferisce le nozioni confuse e inverificabili che conducono al fiorire delle mitologie, passate e presenti.

Proprio non capisco come si possano affermare cose del genere, dato che l’uomo, da sempre, non ha fatto altro che ragionare e ricercare filosoficamente, logicamente e religiosamente la natura ultima e profonda della realtà; da svariate prospettive, certo, ma il primato dello scopo, il senso e l’esigenza di una ricerca profonda sulla natura e sul , non appartengono solo alla scienza, né si originano da questa.

Anzi, il metodo scientifico è un traguardo del pensiero filosofico e logico, cui la filosofia religiosa non è certo estranea.

Negli antichi testi indiani e in altri, troviamo descritti i principi basilari sulla natura apparente delle cose e della realtà, nonché riflessioni e sapienze fondamentali, completate successivamente con il contributo filosofico, scientifico, logico e matematico.

L’autore del libro individuerebbe addirittura alcune parole-interruttore che, pur essendo di uso quotidiano, richiederebbero un’opera di pulizia semantica –  io rabbrividisco – al fine di superare degli ostacoli: insormontabili e ingombranti rompicapi intorno al concetto di anima, che sarebbero ormai superati dallo sviluppo delle neuroscienze.

Queste parole-interruttore sarebbero: anima, coscienza, mente, razionalità, identità, emozione, informazione, pensiero.

L’autrice dell’articolo ci informa che: Ciò che oggi sappiamo ha reso irrimediabilmente superflua la nozione di anima e ha segnato definitivamente la fine del dualismo tra mente e corpo – o tra anima e corpo.

Ancora: […]la credenza che ci sia qualcosa di superiore e non riducibile al nostro corpo è ostinatamente diffusa, in parte per ragioni psicologiche. È figlia della nostra tentazione di non rassegnarci di fronte all’inspiegabile, di volerlo ammantare, innalzare al livello ‘dell’Immaterialità Suprema’.

Poi cita direttamente l’autore del libro: È questa riposante immersione in regioni prelogiche che si conquista la nostra predilezione. Oltre che a subirne il fascino, tendiamo di solito anche a ritenere più profondo ciò che è più ambiguo e polisemico, fino a considerare mistico ciò che è spesso solo confuso e contraddittorio.

Prosegue l’articolo: Se aggiungiamo la tendenza a spiegare e a interpretare i fenomeni con strumenti che ci sono familiari e a propendere per una interpretazione finalistica, ci rendiamo conto di quanto sia complessa e faticosa la strada per ripulire termini e concetti. In un mondo che rifiuta spiegazioni magiche e religiose, la sfida è quella di costruire ipotesi esplicative senza invocare un deus ex machina.

Come se il percorso filosofico e religioso possa essere ridotto a semplici visioni mistiche o intuizioni metafisiche!

Questa piuttosto è protervia para-scientifica direi, più nettamente materialista, che tenta di farsi “unica portavoce” della nostra epoca, riducendo la cultura con il pretesto della scienza, ma tradendone il vero spirito di conoscenza.

Sempre la vecchia storia: alcuni alfieri della scienza – non potendo ovviamente avere una dimostrazione sperimentale, verificabile, insomma materiale dell’anima, di Dio ecc. – semplificano la questione associando il concetto non misurabile a inspiegabile, spacciando il tutto come un’operazione profonda; cercano di investigare la materia biologica sempre più a fondo, descrivendo poi questa “profondità microscopica” come “profondità analitica”, addirittura filosofica.

Sembra proprio non riescano ad ammettere, o almeno ipotizzare, che l’origine delle cose materiali possa essere pertinenza di una dimensione creatrice, in cui le coordinate materia, energia, spazio e tempo non esistono, almeno non nella forma misurabile con mezzi scientifici.

Questo senza aver dimostrato che la prima particella di energia, ammesso che l’origine del creato possa essere fatta risalire ad una cosa del genere, concetto di cui dubito fortemente, si sia auto creata.

Tra l’altro: il big bang, checché se ne dica, è una teoria.

Altra riflessione del Boncinelli: Se il mio io si estende a tutto il corpo, allora non c’è dubbio che a decidere sono sempre io [] se invece l’io è inteso come un’istanza immateriale di natura autoreferenziale e distinta dal corpo stesso, l’anima appunto, allora l’esistenza del libero arbitrio è messa seriamente in dubbio dalle indagini sperimentali.

Non capisco la logica di quest’affermazione: i corpi hanno memorie genetiche e meccanismi biologici evoluti nella storia, praticamente funzionano tutti allo stesso modo!

Anche le disfunzioni materiali e comportamentali rientrano in casistiche e caratteristiche ben precise – non nelle cause scatenanti, quelle sì possono differenziarsi da individuo a individuo.

Al contrario, la completa espressione del libero arbitrio l’abbiamo nelle regioni raziocinanti più elevate, nella logica, nell’arte, nella filosofia, nella filosofia religiosa, negli ideali universali del bene comune come fine ultimo delle libertà individuali. Sono gli individui trattati da animali, da corpi, da soldati, da sostenitori di regime, da membri del branco a combattere il libero arbitrio.

Senza l’anima, l’essere umano è così incasellato in termini materialisti, “quantitativi”, biologici, genetici, neurologici, evoluzionistici, ecc. e trattato, come la storia dimostra, con pratiche “adeguate” alla presunta natura materiale: shock, torture, corrente, psicofarmaci, ipnosi e detenzione.

A livello sociale abbiamo alienazione, guerra, debiti ed un controllo tecnologico che sta sfociando in un nuovo regime autoritario.

Proposta: se “scienza” e accuratezza terminologica sono le nuove preoccupazioni semantiche di questi “psico-neuro-sacerdoti”, dovremmo, coerentemente all’idea che nel cervello risiede e si origina tutto il pensiero, iniziare a togliere dai dizionari alcune parole o quantomeno a ridefinirle.

Dire “il mio cervello” sarà considerato un errore da bacchettare sulle mani, sarebbe come dire “il mio me stesso”.

Anzi, dovremmo proprio abolire, a scanso di equivoci, la parola io, oltre ad anima ovviamente, troppo pericolose!

Anzi, per far entrare bene in testa alle prossime generazioni il tutto, proporrei di emanare una legge in cui al nome proprio si debba anteporre la parola “cervello”.

Il cervello Massimo così vi saluta, consigliandovi di fare attenzione a qualsiasi pensiero apparentemente profondo, intuitivo, metafisico, trascendente, ovvio, ecc.: sembra ci sia un’epidemia di “squilibri cerebrali”…

15 ottobre 2012

fonte immagine: Vimeo

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