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DIRITTI UMANI E GENDER: COMPRENSIONE, NON MISTIFICAZIONE

massimo franceschini blog

No al relativismo materialista ed al tecnicismo transumanista

di Massimo Franceschini

Dall’avvento della “modernità tecnicista”, la questione bioetica si affaccia prepotentemente nel dibattito giuridico e filosofico, assai meno in quello politico, assai prono ad un potere corporativo sempre più tecnocratico.

Sono felice di poter inaugurare la sezione relativa alla bioetica di questa nuova associazione, AEM1948, alla quale mi onoro di appartenere, ripubblicando un articolo in cui svolgo delle riflessioni sempre più attuali. Procediamo senza indugio.

Ci sarebbe da ridere, se la cosa non fosse seria per la nostra libertà e cultura, per il futuro della nostra stessa civiltà. Di cosa sto parlando?

Di uno dei fenomeni moderni e delle sue derive, ben evidenziate nell’articolo di Luigi Ippolito sul Corriere della Sera del 20 marzo scorso intitolato:

SONO UN UOMO (SOLO PER OGGI), SCONTRO SULLA LEGGE PER AUTODEFINIRSI. Londra, proteste e “duelli” (anche in piscina) tra attivisti transgender e femministe.

La faccenda nasce da una protesta ed è, nella seguente sintesi dell’articolo, presto detta:

Cosa ci facevano venerdì scorso due donne in boxer e a seno nudo nella piscina maschile di Dulwich, a sud di Londra? Semplice: si “identificavano” come uomini e così protestavano contro l’idea, appoggiata anche dal governo, che il sesso di una persona non sia una questione biologica ma di auto percezione. La querelle può apparire bizzarra ma da un po’ di tempo oppone in maniera furiosa le femministe agli attivisti transgender: questi ultimi rivendicano il diritto per tutti di cambiare sesso a piacimento, le prime difendono gli spazi conquistati dalle donne dall’invasione di “finte femmine”.
[] All’origine della questione c’è la proposta del governo di introdurre una legislazione in base alla quale i transessuali potranno ottenere un certificato di riconoscimento del loro nuovo sesso senza passare per un esame medico o un’operazione chirurgica, né dimostrando di aver trascorso un certo tempo nel nuovo sesso, ma semplicemente dichiarandosi maschi o femmine. Un’idea che ha attirato critiche soprattutto da parte delle donne, che temono che uomini malintenzionati possano introdursi in questo modo in spazi femminili.
[] Le associazioni trans le hanno però accusate di “trivializzare l’esperienza dei transessuali e le loro sofferenze” e hanno coniato un nuovo insulto, “TERF”: che sta per Trans-Exclusionary Radical Feminist, ossia femminista radicale che esclude i trans.

Non ridete per favore, la questione è serissima e delicatissima!

Non è certo mia intenzione scherzare su problemi che possono essere per alcuni anche devastanti, ma la cultura e la legislazione non riescono o non vogliono, evidentemente, affrontare certe questioni in maniera “razionale”.

Per mettere il problema in un’ottica “ragionevole”, serena e scevra da “furori ideologici” di vario segno e dal “relativismo” imperante, ma non razionale, occorre fare secondo me delle necessarie premesse, oltre che tentar di vedere dove porteranno alcune tendenze della cultura e del “tecnicismo” moderno.

Le necessarie premesse e la consapevolezza del probabile futuro verso cui siamo lanciati ci dovrebbero obbligare a poggiare ogni ragionamento su basi razionali, per trovare soluzioni politiche capaci di rispettare ed attuare maggiormente i diritti umani da un lato, ma non “distruttive” per l’integrità psico-biologica dell’essere umano dall’altro.

La premessa iniziale e basilare, che dovrebbe sembrare ovvia, ma di cui evidentemente non si tiene conto, è la seguente: non esiste alcuna ragione “naturale”, “biologica”, “filosofica”, “morale”, “etica”, “medica” o “scientifica”, che impedisca ad un essere umano di sentirsi a suo agio nel corpo che gli appartiene.

Tale ragione sarebbe, pertanto, di natura esclusivamente individuale ed avrebbe a che fare con la sfera mentale, emotiva e relazionale della singola persona, punto.

Oltre a ciò, questo suo sentire non può mai essere considerato una “malattia da curare”, punto.

Per tutto ciò, nessuna legge o prassi o autorità dovrebbe imporre o anche solo prospettare, al cosiddetto “diverso”, la possibilità di sottoporsi a qualsiasi protocollo o percorso atto a rinnegare, trasformare, ma anche accettare acriticamente il suo “sentire”: qualsiasi percorso voglia intraprendere deve rimanere sotto il suo esclusivo controllo e decisione, che non dovrebbe essere presa nelle eventuali conseguenze più estreme, prima della maggiore età.

Oggi accade il contrario, si pretende e si percorre una giurisprudenza atta a consentire liberamente protocolli di assai dubbia liceità etica, figli di una cultura che mette acriticamente la “scorciatoia tecnica” al di sopra di ogni possibilità del “pensiero” di risolvere i problemi del pensiero stesso.

Se teniamo ai diritti umani queste premesse hanno bisogno, necessariamente, di poggiarsi su dei punti fermi.

Il primo ha a che fare, come abbiamo visto e come vedremo meglio di seguito, con la tecnica: la cultura e la politica dovrebbero rispettivamente e urgentemente interrogarsi sulla deriva tecnicista della modernità, e assumere provvedimenti atti a far sì che le comunità prendano il controllo di ogni protocollo tecnologico e tecnicista, ad ogni livello, che oggi è implementato nella vita di ognuno di noi senza alcuna difesa, sostanzialmente senza alcun momento di riflessione e controllo da parte delle società civili.

Tornando alla questione del presente articolo, il secondo punto fermo, come già detto, è il seguente: una persona che non si sente a suo agio nel suo corpo e che in vari modi, accenti e sensibilità ritenga di appartenere più al sesso opposto che a quello biologico, non è certamente “malata” o “pazza”.

Oltre a ciò, la sua dignità non deve essere calpestata in alcun modo, in nessun momento e in nessun luogo a causa di questo suo sentire.

Detto ciò, non possiamo non rilevare che la prassi di rinominare in maniera apparentemente dotta e scientifica un qualsiasi “disagio” con un neologismo – in questo caso disforia di genere = disturbo dell’identità di genere – è un’operazione che solo apparentemente “sa di scientifico”: è questa un’usanza cara alla psichiatria e alla psicologia che in tal modo pretendono di equipararsi alla medicina “seria”, senza per questo riuscirvi.

Oltre a ciò, lo stigma psichiatrico è di fatto devastante per l’integrità e la dignità della persona, anche se perfettamente inserito in protocolli “medici” su cui, purtroppo, la medicina “ufficiale”, la lobby farmaceutica, la cultura, la politica, l’informazione mainstream, il mondo scientifico e la giurisprudenza non sembrano avere la necessaria consapevolezza e/o interesse.

La catalogazione tanto cara alle “scienze” dal prefisso “psico” è una prassi che nasconde di fatto una grossa carenza culturale sull’essere umano tout court, ma nasconde altri gravi pericoli: il primo, è quello di avallare potenziali percorsi psichiatrizzanti, farmacologizzanti e “trasformanti”, anche a partire dall’adolescenza, che dovrebbero essere condannati dalla cultura, dalla scienza e vietati dalla legge.

Più in generale: non dobbiamo cedere alla concezione psichiatrico-materialista, indossata anche da molti esponenti delle neuroscienze, che in effetti riduce la mente e la persona al suo “cervello” e che, trattando i problemi umani con psicofarmaci, li qualifica di fatto come “malattie”, cioè disfunzioni di un organo, in questo caso del cervello.

Sentimenti e sintomi psicologici hanno origine dal vissuto, dalle abitudini e dalle idee della persona, fattori che certamente si riflettono sul corpo e a livello mentale, ma che hanno delle cause “altre”: nel cervello abbiamo “solo” una “centralina di trasmissione”, sofisticatissima e plasticissima, addirittura riprogrammabile dalla persona stessa con nuove attività ed interessi, come ad esempio raccontato qui, un “quadro comandi” che esegue input che trovano origine in altre sedi e momenti.

La plasticità del cervello dichiara la non riducibilità funzionale dello stesso ad effettivi e riscontrabili parametri, possibili invece per altri organi: l’esperienza ci dice, al contrario, che con il giusto aiuto volto a potenziarne le riflessioni, con vari studi, esercizi, con nuovi input e attività, con gli adeguati cambiamenti e ri-considerazioni, l’uomo ha tutti i mezzi per cambiare in meglio ogni condizione indesiderata.

Pretendere di alleviare chimicamente sintomi o sofferenze di vario tipo è, per queste ragioni, un obiettivo sbagliato e deve considerarsi una mistificazione, di fatto una prassi equiparabile alla stregoneria ed ai mezzi coercitivi del passato, però più devastante perché infida, apparentemente innocua perché “certificata” da una “presunzione scientista”.

Una prassi totalmente a-scientifica che ingrassa l’industria farmaceutica, da cui ricava la sua più grande fonte di entrate e che la colloca alla stessa stregua dell’inquisizione o di ogni altro tentativo uniformante di controllo del passato: fa comodo al “potere laicista” moderno che si avvale del relativismo e dello scientismo, oggi imperanti a livello culturale.

Per quanto sin qui detto, la cultura moderna sembra “non vedere” le reali implicazioni di questa deriva meccanicista: lasciar fare chi considera il cervello l’essenza stessa della persona è un’operazione che taglia millenni di cultura e di speculazione filosofica, etica, religiosa e umanistica, per non parlare del “sentire” della maggior parte delle persone che crede in un’intima realtà trascendente.

Per tutto ciò, cultura, politica e giurisprudenza dovrebbero lottare per impedire o ridurre grandemente il tecnicismo amorale che sta invadendo sempre più la totalità degli ambiti umani.

Nel caso specifico, tale tecnicismo arriva a prevedere la messa in opera di protocolli che partono dall’infanzia, con la pretesa di etichettare dapprima i fenomeni relativi alla sessualità che sembrano “deviare” dalla maggioranza come “disturbi”, per classificare poi i soggetti interessati come gender variant: il tutto finalizzato ad avviare dei “supporti psicologici” preparativi al trattamento farmaceutico con ormoni e triptorelina per la cosiddetta sospensione della pubertà, in vista della definitiva transgenderizzazione.

Il “tecnicismo” sembra quindi essere l’arma finale del “materialismo relativista” moderno, con cui ridurre la persona, le sue specificità, il suo essere e i suoi sentimenti ad un fatto perimetrato da standard para-medici, su cui intervenire tecnicamente, avallando il tutto con la nuova morale transumanistica, con l’ipocrita giustificazione di proteggere i soggetti dall’isolamento sociale o da atti discriminatori come il “bullismo omotransfobico”.

Tale protocollo è un orrore sotto molti punti di vista, a cui si aggiunge l’aggravante della precocità della sottomissione dell’individuo a questa “visione”: il “furore ideologico” caratterizzato dal dover permettere tutto ciò che la tecnica permette dimentica, in questo caso, che tali fenomeni sono spesso non ben definiti, soprattutto sono per la maggior parte transitori nello stato infantile o adolescenziale, in ogni caso assolutamente variabili da persona a persona.

Un documento dell’associazione pediatrica americana afferma chiaramente che il trattamento della pubertà con ormoni comporta molti rischi: si può arrivare a bloccare crescita, fertilità e salute di adolescenti sani, a cui si dovranno in seguito somministrare altri ormoni “cross-sessuali” nella tarda adolescenza con ulteriori gravi rischi per la salute.

Il documento ci ricorda che le statistiche mostrano come il naturale superamento della pubertà determini l’accettazione del proprio sesso per il 98% di ragazzi e per l’88% di ragazze.

Senza dimenticare che il tasso di suicidi per chi sperimenta tali protocolli o si sottoponga a chirurgia per cambiare il proprio sesso è del 20% più alto rispetto agli altri.

Una politica che non riconosce o nasconde le questioni e i dati qui menzionati – e non dimentichiamo i problemi etici relativi all’aborto, alle manipolazioni genetiche e relative alla natalità, all’utero in affitto – sta facendo, di fatto, il gioco della TECNICA e del TECNO-SCIENTISMO, fattori che al pari dell’economia, della finanza, del denaro e delle risorse naturali non sono sotto il controllo politico degli Stati, ma in buona sostanza di lobby e logge private che hanno due soli obiettivi: controllo e guadagno.

Una politica che non vede nel TECNO-SCIENTISMO un fenomeno da porre sotto stretto controllo ci consegna, di fatto, nelle mani delle lobby militare e farmaceutica, come già evidenziato in questo articolo dove parlo del Global trend 2030, un documento di previsione sul futuro prossimo venturo ad opera delle 17 agenzie di intelligence americane.

Una politica di deriva culturale relativista, come quella che nel caso in questione permette tranquillamente di dichiarare il proprio sesso “percepito”, mostra di non avere alcuna comprensione dei fattori in gioco e del futuro che ci attende.

Una politica che non elimina dai programmi scolastici la tematica della sessualità tout court, apre le porte a forzature ideologiche di vario segno e “moda culturale”: la sessualità deve essere liberata da influenze che diventano di fatto autoritarie, e lasciata al naturale sviluppo personale, esperienziale, familiare e culturale di ognuno.

L’etica dei 30 diritti dell’uomo è più che sufficiente, se veramente pubblicizzata nei programmi scolastici e attuata da una politica consapevole, a proteggere chi si sente temporaneamente o permanentemente “diverso” dalla maggioranza, a permettergli la dignità che gli spetta in quanto essere umano, diverso da tutti gli altri, ma eguale nei diritti.

Una politica che permetta, d’altro canto e in qualsiasi modo, che l’“ideologia della diversità” diventi il parametro cui far sottostare tutti, è complice della chiara tendenza politico-culturale in atto: controllo sociale ottenuto tramite la distruzione dell’identità umana, della famiglia e della socialità.

I diritti umani pretendono libertà, dignità e responsabilità da parte di ognuno verso ogni altro, non si attuano con politiche apparentemente progressiste di manomissione biologica, mistificazione culturale e assoggettamento tecnocratico.

6 aprile 2018, aggiornato nel marzo 2021 per l’Associazione Eredità e Memoria 1948

qui un video in cui affronto la problematica sull’identità

Fonte immagine: Flickr

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