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DIRITTI UMANI, COSTITUZIONE, STATO DI DIRITTO: TRE VALORI DAI QUALI RIPARTIRE

diritti umani

Principi sui quali costruire una nuova politica, ideale e pragmatica

di Massimo Franceschini

 

Eccomi al nuovo contributo per AEM1948, con un articolo aggiornato all’oggi e tratto dalla mini-serie dedicata ai diritti umani, con cui iniziai la breve collaborazione con la rivista Sovranità Popolare.

Dopo aver elencato, ancorché sommariamente, i motivi per cui pongo i diritti umani al centro della politica, concludevo il precedente articolo con l’invito a scegliere di “credere” in quei valori per costruire la nuova politica.

Una scelta valoriale che auspico necessariamente consapevole, programmatica e pragmatica.

Infatti, la sovranità popolare del primo articolo costituzionale trova sostegno nei valori universali dell’articolo seguente, e nel necessario stimolo attuativo del terzo articolo, direttamente riconducibile al punto 22 dei diritti dell’uomo, a sua volta alla base dei cosiddetti diritti sociali: senza il terzo articolo quindi, i primi due rimarrebbero vuote intenzioni.

Sui primi tre articoli della nostra bella Costituzione si dovrebbero poggiare i nostri ordinamenti, lo spirito stesso della Repubblica.

Al contrario la realtà ci mostra, sulla nostra pelle, la reale non attuazione di quegli articoli e la non più prorogabile realizzazione del loro spirito: costretta in trattati internazionali di dubbia costituzionalità e strozzata dalla mancanza di una moneta sovrana, la politica mainstream “dimentica” di garantire quel lavoro che ormai non sembra esser più un diritto.

I valori universali di dignità, sicurezza e libertà responsabile sembrano definitivamente in pericolo perché soggetti, come possiamo chiaramente vedere in questi ultimi due anni di “regime sanitario”, a prassi che definire discutibili rappresenta un mero atto di “delicatezza istituzionale”.

La partecipazione alla democrazia è sempre più virtuale, ristretta e condizionata da inefficienze e riforme scolastiche tese al degrado dell’istruzione, anche civica, dai “misteriosi” percorsi della notorietà politica, dall’operato distraente e disinformante dei media, i veri burattinai dell’agenda politica e del sentire culturale e sociale.

Anche quando consapevoli dei meccanismi qui brevemente accennati, i cittadini non trovano percorsi democratici “sicuri” per esprimere ipotesi alternative al menù propinato dal sistema politica-spettacolo dei talk televisivi.

I partiti esistenti sono di fatto impermeabili a qualsiasi istanza non contemplata dai loro vertici “personalistici”, e difficilmente i media accettano “a corte” individui provenienti da percorsi politico-sociali troppo distanti dall’ipocrita narrazione dominante.

Più in generale, possiamo registrare come lo stesso Stato di diritto sia in grave crisi: non riesce più a difendere i suoi cittadini, le loro libertà e sicurezze sociali, trasformato com’è in struttura burocratica “posseduta” da interessi assai diversi da quelli della società civile, che dovrebbe invece servire.

Lo Stato di diritto è quindi il grande “incompiuto” della storia politica: troppo “liberale” per chi nasconde velleità autoritarie, troppo invadente per chi si pone, volente o meno, al servizio delle corporazioni globali private.

Lo Stato di diritto “reale”, diventa così un’intricata ragnatela burocratica e legislativa in cui le corporazioni hanno buon gioco nel condizionarne le attività e nel garantirne l’inefficienza, almeno nei confronti della società civile.

Al giorno d’oggi, lo Stato ha quindi massima efficacia nelle sue opacità, negli ideali negati, nella genuflessione a trattati esterni vincolanti, palesi e segreti: un muro di gomma indicibile che stampa e Magistratura neanche intendono scalfire.   

Ecco allora che dovremmo capire il necessario “ordine” di priorità e valori, sui quali ricostruire una responsabilità politica che dal basso possa avere qualche chance di ridare dignità alla politica stessa, e speranza per una democrazia degna di tale nome.

Mettiamo al centro i diritti inviolabili di ogni persona e della sua comunità.

Portiamoli a paradigma politico propositivo e di verifica per l’esistente, in ogni espressione sociale, in ogni percorso di attuazione democratica, in ogni ambito in cui decisioni privatistiche e lobbistiche condizionano la vita dei più.

Prendiamo i 30 diritti umani e la prima parte della Costituzione, e vedremo che si chiariranno le mille confusioni della modernità, anche quelle generate da una tecnica che ormai detta le tappe del futuro, politico e sociale.

Non siamo ancora stanchi del cinismo e dell’antipolitica generati dal sistema?

 

25 gennaio 2019, aggiornato nel marzo 2021 per l’Associazione Enrico Mattei 1948

fonte immagine: Apiceuropa

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